I periodi della canzone napoletana

I periodi della canzone napoletana

Non entrerò nei dettagli di ciò che racconterò. I più curiosi potranno rivolgermi delle domande. Non sono sicuro di poter rispondere a tutto ma ci proverò.

Dal 1.600 al 1.800

Napoli, figlia della Grecia, usava da quasi 2000 anni un tipo di musica di tipo “ipnotico” (il tipo di musica che si sente nelle discoteche) che, rispetto alla musica colta (che noi chiamiamo “Classica” ma che, in quel periodo era “Barocca”), conteneva già quegli elementi di ritmo cadenzato, di armonia tonale e di melodia cantabile (che, nella musica colta, si sarebbero trovati non prima di Mozart -1756 - 1791-, a parte rari casi).

Questo senso “logico” della musica era figlio delle “Villanelle” e “Villotte” del tardo rinascimento, ossia quei generi popolari che prendevano spunti ritmici dalle pulsazioni ternarie greche e educazione armonica popolare.

Nel periodo musicale Barocco (1589 – 1760) era nato il “recitar cantando” ossia quel tipo di spettacolo teatrale musicale che, attraverso “Opera”, “Balletto” e “Operetta” porterà nel '900 fino al “Musical” e alla “Commedia Musicale” italiana. Il Recitar cantando era un'alternanza di “Arie” e “Recitativi”. Le Arie erano… canzoni.

Napoli era, già all'epoca, un centro di grande fermento artistico. Nascevano i “Conservatori di Musica” mentre nel resto del mondo non era nemmeno lontanamente concepita un'istituzione che allevasse musicisti.

Era facilmente auspicabile che a Napoli nascessero le prime forme di “Canzone” popolare (Fenesta vascia, Fenesta ca lucive, et caetera) e di “Rondeau” (Michelemma', Lo Guarracino et caetera) mutuate dallo stile celle Arie Barocche.

La concretezza “Pop” di questi brani, gli ha dato grande fama e gli ha permesso di attraversare i secoli e resistere all'oblio.

In Europa ci sono solo due brani popolari che hanno avuto la stessa forza: Greensleeves (XVI secolo) e Canone di Fra' Martino ( XIII secolo).

Scusate se qualcun altro l'ho dimenticato.

Dal 1.800 al 1.920

Dopo l'avvento… si! Si parla di “avvento” se si vuol far riferimento a Mozart… dopo l'avvento, fu sdoganato un modo molto più “pop” di comporre la musica colta. Si prediligeva la melodia cantabile con accompagnamento rispetto al contrappunto Barocco.

Gluck, Cimarosa, Paisiello, Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi… questi sono solo alcuni dei musicisti che hanno composto per il teatro San Carlo secondo i dettami della nuova musica.

Già dal '700 Napoli era talmente “Il centro del mondo” che Leopold Mozart scrisse una lettera al figlio Amadeus sgridandolo perché era andato ad esibirsi a Napoli, un posto dove il suo talento non sarebbe mai stato notato perché era nella media napoletana e gli consigliava di andare in posti provinciali come Parigi, Londra, Roma o Milano.

Nel'800 la supremazia musicale napoletana era universalmente riconosciuta ma… la musica popolare?

Fu proprio nel'800 che a Napoli nacque un mercato di musica popolare. Un mercato parallelo a quello operistico che produceva, però, introiti di tutto rispetto. Veicolo principale di questo business fu la festa di Piedigrotta che lanciò la famosa “Je te voglio bene assaje” vincitrice della festa che vendette 180.000 “copielle” (spartiti). Oggi le assegnerebbero la copiella di platino.

Il successo della canzone napoletana durò per tutto l'800 fino al 1920.

Nell'ultimo periodo, quello di Puccini, Mascagni, Leoncavallo e Cilea, i loro compagni di conservatorio, dotati di minor talento ma provvisti dello stesso background culturale, si lanciarono su un'arte di ripiego: la “Canzone”.

È grazie a questi musicisti che nacque la “Canzone Classica Napoletana”, un genere popolare che, però, non era composto da canzonettisti dilettanti ma da grandi musicisti.

È questo il motivo della grande esportabilità di questo genere rispetto all'altra musica della penisola che, invece, era scritta da dilettanti.

La forma compositiva, il trattamento armonico e la linea melodica elegiaca della canzone napoletana dell'800 l'hanno resa un fenomeno mondiale e, visto che gli americani erano nostri alleati nella guerra del 1915-18, questi ultimi, privi di una vera tradizione musicale, assorbirono e copiarono tutti i segreti della canzone napoletana… ma poi si arriva agli anni '20 e questa è un'altra storia.

Dal 1.920 al 1.970

Gli americani, dopo la prima guerra mondiale, portarono a casa l'eredità del patrimonio popolare napoletano e, grazie a quel lascito, vi costruirono la struttura delle “songs” che altro non erano che le “Arie” per i loro musicals.

Intanto, in Italia era arrivato il fascismo. La dittatura fascista cancellò involontariamente l'identità musicale napoletana a favore di un'identità nazionalista.

Napoli, grazie a tutti i “padroni” che aveva servito lungo la sua storia, aveva i suoi escamotage per resistere anche a questa dittatura.

Intanto, nel porto di Napoli arrivava merce da tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, e i napoletani, grazie agli scambi commerciali, scoprirono una nuova musica: il “Jazz”, un genere nato dalla contaminazione musicale tra siciliani, abruzzesi e gli afroamericani.

Il regime vietò il Jazz in tutta Italia ma Napoli… Napoli era (e lo è ancora) un mondo a parte. Fu cambiato nome al genere statunitense e furono cambiati i titoli delle canzoni al punto che “St. Louis Blues” divenne a Napoli “I lamenti di San Luigi”.

… ma poi, scoppiò la guerra… e la vinsero gli americani.

I vincitori portarono beni di conforto agli sconfitti italiani. Il tramite era sempre il mare.

A Napoli arrivarono i “V disc” i dischi della vittoria. Era jazz ma era anche tanta song americana.

Lì avvenne il terzo miracolo. Napoli si reinventò.

Prese il prodotto americano, non sapendo di averglielo regalato circa 30 anni prima (circa una generazione), e lo fece “suo” ma con una nuova veste: Il “Night”.

Il Night, oltre che dagli Stati Uniti, prendeva spunti anche dalla musica sudamericana che, a sua volta, era ispirata da Chopin (ma questa è un'altra storia).

Il primo esponente del Night italiano fu Don Marino Barreto, un cubano.

I napoletani Fausto Cigliano, Peppino di Capri, Peppino Gagliardi, Tony Cucchiara (siciliano), Fred Bongusto (molisano) e tanti altri diedero nuova linfa alla canzone napoletana rendendola “moderna” fino… fino a Renato Carosone.

…ma questa è davvero un'altra storia.

 

Aldo Perris

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